Via Trieste është...

..un blog dedicato ai luoghi dell'oralità, tra la memoria che accompagna il presente e il desiderio di riviverli nel futuro. Un viaggio al contrario. Una emigrazione alle origini necessaria per non delocalizzare la propria identità.

mercoledì 2 gennaio 2008

I Luoghi dell'oralità.


Dopo una lunga pausa riprendiamo il nostro percorso. Via Trieste ha vissuto in questo periodo i suoi momenti di celebrità grazie al contributo di cari amici che operano nel settore della promozione della nostra cultura arbereshe. In particolare vorrei ringraziare la redazione di Jemi.it, Arbitalia.it e la rivista Katundy Yne per aver pubblicizzato il nostro percorso anche attraverso la promozione del cortometraggio Thuajme. Riprendiamo quindi, e ci auguriamo che il 2008 possa illuminare con serenità il nostro nostro cammino.
Per approfondire l'argomento dei luoghi dell'oralità, perno centrale del nostro blog, inseriamo un interessante editoriale redatto dall'amica e collega dott.ssa Flavia D'Agostino.
La GJITONIA: Unità urbanistico-sociale
La struttura urbanistica delle comunità arbëreshe è costituita dai rioni e dalle gjitonie. Il rione è la parte più ampia del centro abitato. Certamente la caratteristica più importante è costituita però dalla gjitonia che è quel microsistema intorno a cui ruota la vita del paese katund. La gjitonia è una porzione più piccola del tessuto urbano una microstruttura costituita da una piazzetta nella quale confluiscono i vicoli, circondata da edifici che hanno aperture verso uno spiazzo più grande sheshi, che solitamente porta il nome dalla persona che vi abita . Spesso per dare l'indicazione di una casa o di una famiglia il punto di riferimento è la gjitonia.
Dal punto di vista architettonico la gjitonia è composta da un nucleo originario che è una casa signorile, intorno alla quale sono stati sovrapposti altri nuclei minori che naturalmente ne hanno modificato la struttura originaria e occupano quasi tutto lo spazio riducendo le strade a piccoli vicoli i cosiddetti vicoletti delle gjitonie arbëreshë, questo potrebbe portare ad un' unica conclusione cioè che la costruzione di strutture intorno alla casa signorile sia dovuta alla costruzione di nuclei servili abitativi, e altri invece adibiti a locali come legnaie, scuderie, stalle, la struttura fissa quindi è la signorile, mentre la mobile è la plebea. Naturalmente oggi resistono elementi in grado di adattare alla loro esigenza le strutture abitative, dando luogo ad un processo di riuso, oppure condizionando alcuni processi di edificazione urbana al punto da riuscire a conservare nel nuovo insediamento, alcuni elementi tradizionali vitali, per la perpetuazione della struttura comunitaria.
Nei paesi albanofoni, il disegno urbanistico riflette consuetudini di vita che discendono dall' emigrazione prima, e dalla colonizzazione poi e che si esprimono in forme di solidarietà e comunanza di vita, l'esistenza di un ballatoio dinnanzi la porta d' ingresso non aveva funzione di antingresso, ma di luogo per ospitare i componenti della famiglia per le attività esterne. Le donne infatti in alcune ore del giorno soprattutto nei mesi caldi, usavano restare sul ballatoio, per eseguire lavori a maglia e cucito, intrattenendosi con le vicine in colloqui e discussioni. A differenza delle città medievali lo spazio urbano arbëresh non sembra strutturarsi per rioni differenziati o per diverse attività o meccanismi di coesione del vicinato ma si possono identificare sia a livello fisico -spaziale che sociale. Le affinità principali sono l'appartenenza ad un unico gruppo etnico e la comune condizione sociale. Alla principale origine etnica va aggiunta una comune origine di gruppo che sancisce l' appartenenza ad un clan, una quasi parentela che viene individuata con il soprannome che a livello spaziale si enuclea con un toponimo. Gli aspetti salienti della vita comunitaria un tempo perché oggi non avviene più, erano basate sull' impiego reciproco nei lavori agricoli, nell' aiuto in caso di esigenze improvvise e superiori alle disponibilità di ciascuna famiglia, nello scambio di prodotti alimentari e nella pulizia degli spazi comuni all'interno dell'assetto urbano. Le forme normali di socializzazione che si sviluppavano erano le riunioni serali del gruppo gjitonico, davanti al focolare di una famiglia, per seguire programmi televisivi o discutere e magari spettegolare sugli avvenimenti del paese. I fanciulli svolgevano nel cortile giochi comuni. Una famiglia affidava ad un'altra o collegialmente al gruppo gjitonico, i figli se insorgevano magari ragioni di impegno improvvise. La gjitonia aveva una vita fatta di pettegolezzi, invidie, litigi ma anche comprensioni e solidarietà, essa diventava la palestra di vita dove si imparava dal vivo il comune mestiere della sopravvivenza. C'era gente che d'inverno per riscaldarsi, faceva il giro delle case,con il vicino ci si sentiva più legati che con un parente, infatti resiste ancora oggi un detto "gjitoni më se gjiri". Oggi la gjitonia attraversa una condizione di acuta crisi per diverse ragioni, la modificazione delle condizioni di lavoro, (dall'agricoltura che era il presupposto socio-economico al lavoro industriale e terziario) l'emigrazione conseguente alla ricerca del posto di lavoro, l'inurbamento che non significa solo trasferimento, ma anche il semplice spostamento abitativo, la viabilità moderna della stessa comunità arbëreshe modelli di vita della civiltà tecnologica.
Flavia D'Agostino