Via Trieste është...

..un blog dedicato ai luoghi dell'oralità, tra la memoria che accompagna il presente e il desiderio di riviverli nel futuro. Un viaggio al contrario. Una emigrazione alle origini necessaria per non delocalizzare la propria identità.

mercoledì 5 settembre 2012

Mondi di Pietra

Un interessante reportage tra i nostri luoghi dell'oralità, Arberia genius loci, scritto dall'amica Stefania Emmanuele, è il protagonista a colori della rivista Katundi Yne (Paese Nostro). Impreziosito dalle foto di Stefania e della brava Claudia Zito, Civita e Frascineto si uniscono ad animare luoghi e personaggi che consumano un lento quotidiano tra riti, maestrie di un tempo e una principale riflessione: andare lenti. Andare lenti, sottolinea l'autrice,come un vecchio treno di campagna nel rispetto del tempo per poter vivere ed assaporare la vita non solo in questi luoghi, ma come modus viventi alla ricerca di un salutare benessere. Riprendo uno stralcio del reportage, che mi ha profondamente commosso e che vede protagonista un "genius loci" di eccellenza. Buona lettura. La bruma calda estiva si diffonde sulla strada asfaltata che trasuda silenzi tipici delle prime ore pomeridiane, segnate solo scorrere dell'acqua di una fontana, al cospetto delle grandi mura di pietra e mattoni della Chiesa madre del paese. L'ombra di un bar ci fa attendere l'arrivo del nostro genius loci, mentre le ombre nette avvolgono gli edifici e le strade semideserte. In questi luoghi il tempo eè onnipresente e scandisce i ritmi quotidiani in cui la tranquillità è forse eccessiva e inghiotte questo luogho suggestivo alle pendici del pollino, quella che fu l'antica C.da di castrovillari. Angelo 27 anni, "Frasnjota", fa musica e ci condurrà lungo le arterie e le memorie fi frascineto ed Ejanina. Angelo ama il suo paese, ma lo ama un vecchio che ricorda il suo passato. Angelo è un contenitore di nostalgie e di sensibilità pronte ad esplodere. Frascineto il lui appartiene ai ricordi, legati al fratello maggiore con il quale erano sempre in giro a suonare e a cantare. Carlo aveva tanti contatti e tante energie da spendere, ora si è sposato e vive in Albania dove insegna all'istituto Italiano di Cultura. Angelo ne palrla mentre entriamo in una villetta desolata - che non esprime la sua funzione, il suo senso di esistere. ad Ejanina - dove un antico e possente pressatore di olive in legno e ferro - simbolodella vocazione olivicola del territorio - è circoscritto in un improbabile recizione di ferro - e sta crollando su se stesso, soggetto alle intemperie e all'oblio. Angelo si appoggia su un vecchio torchio in pietra e osserva sommessamente quel gigante di legno abbacchiato su se stesso.
Ejanina è contenuta in crogiuolo di case e intersezioni di stradine tutte a portata did'occhio - ha la sua chiesa madre di S.Basilio Magno con una bella piazza vuota piena di sole - solo in lontananza, nelle lunghe linee d'ombra delle case- alcune donne ci osservano. Angelo si avvicina e le saluta come si fa da queste parti:"A chi appartieni?" - chiedono - e Angelo - "A Pellicano, l'ex Sindacalista...", a quelle parole si sciolgono gli sguardi analitici e si entra in confidenza. Come si fa da queste parti - se ti chiedono a chi appartieni si interessano a te, a quello che si dice della tua famiglia, alla condotta di tutta una stirpe che viene spesso denotata e connotata da un soprannome che la dice tutta
(da Katundi Yne N.2/Maggio-Giugno-Luglio/N.147)

sabato 2 giugno 2012

Oh Katunar!!!!

Crisi economica, catastrofi naturali, scandali. Le nostre convinzioni si sgretolano. Questo spazio web, da sempre spontaneo ed elastico non si è mai spinto ad analizzare il presente per i fatti che lo caratterizzano ma ha sempre guardato a ciò che il passato ci ha lasciato, trasmesso e per alcuni, forgiato fino alle ossa. Chi proviene da piccoli villaggi, qui a Tirana lo chiamano katunar. Molte volte, sempre, katunar viene utilizzato come dispregiativo. "Tu che vieni dalla campagna cosa vuoi insegnarmi????". Io sono katunar. Mi sento paesano e difficilmente cambierò la mia indole casareccia di vedere la vita. I mie ragazzi del corso d'italiano sorridono quando dico loro di essere "nje katunar". Sorridono e si meravigliano. Il professore italiano non può essere un katunar. Sei italiano, cresciuto e pasciuto nella bella e amata Italia. La realtà è che forse non comprendono la dimensione "paesana" come dimensione del benessere. Oppure le generazioni passate li hanno disincantati. La città quindi vince su tutto. Ritornando a questo 2012 e i nostri cari Maya che tanto ci hanno gufato nel corso dei secoli, la mia dimensione mi conforta. La mia via trieste non mi abbandonerà mai, tutto il vissuto di certo non andrà perso in questa epoca dell'assurdo, della triste perdita della dimensione identitaria nazionale. Pisandi, sheshi don Pauli, ka mast'Abeli sono con me, mi ricordano che quella Frascineto e quella Italia ne aveva passate tante e di peggiori. Quella gente si godeva i suoi nipoti dopo anni di migrazione, sudore, guerre e si augurava il meglio per loro. Oggi i loro occhi non possono vedere l'abbandono, l'assenza di vita in quei luoghi. Con questo blog, cari nipotini cresciuti, mi stringo a voi nel ricordo dei bei tempi e nella speranza che la saggezza possa aiutarci a superare ogni ostacolo di questa nostra vita. Karleti

sabato 21 aprile 2012

Ricordi

Nello scrigno dei ricordi conservo giochi tra piccole viuzze, ginocchia sbucciate e anziane premurose. Uomini con l'America nel cuore che profumano di Oceano e mamme ancora ragazze belle come il sole.